Gli scienziati hanno scoperto prove convincenti di un’antica vita microbica risalente a 3,51 miliardi di anni fa, utilizzando tecniche di apprendimento automatico all’avanguardia per analizzare le firme chimiche conservate in alcune delle rocce più antiche della Terra. Questa svolta supera una sfida chiave in paleontologia: l’estrema degradazione del materiale organico nel corso dei tempi geologici.
La sfida delle antiche biofirme
Per decenni, i ricercatori hanno cercato di comprendere le prime forme di vita sulla Terra, basandosi principalmente su resti fossilizzati: cellule microscopiche, filamenti e strutture mineralizzate come le stromatoliti. Ma questi documenti sono scarsi e incompleti. La crosta del pianeta schiaccia, riscalda e frattura le antiche rocce, distruggendo la maggior parte delle tracce dei primi anni di vita.
Tuttavia, anche quando i fossili sono assenti, la vita lascia echi chimici sotto forma di biomolecole frammentate. Queste tracce sono spesso troppo piccole e generiche per essere identificate, fino ad ora.
L’apprendimento automatico in soccorso
Il gruppo di ricerca, guidato da scienziati della Carnegie Institution for Science e della Michigan State University, ha utilizzato un approccio innovativo: analisi chimiche ad alta risoluzione combinate con l’apprendimento automatico supervisionato. Hanno addestrato un sistema di intelligenza artificiale a riconoscere le “impronte digitali” chimiche lasciate dalla vita su 406 campioni diversi, tra cui rocce antiche, materiale biologico moderno, meteoriti e composti sintetici.
Il modello di intelligenza artificiale ha distinto i materiali biologici da quelli non biologici con una precisione superiore al 90%, rivelando prove distinte della vita fotosintetica nelle rocce del Sud Africa e del Canada risalenti a 2,52 miliardi di anni fa. Fondamentalmente, ha anche identificato assemblaggi molecolari biogenici in rocce ancora più antiche provenienti da India, Sud Africa e Australia, risalenti a 3,51 miliardi di anni fa.
Cosa significa
I risultati confermano che la vita esisteva molto prima nella storia della Terra rispetto a quanto precedentemente noto. Particolarmente significativo è l’emergere della fotosintesi, un processo che converte la luce solare in energia. Spiega come l’atmosfera terrestre sia diventata gradualmente ricca di ossigeno, aprendo la strada all’evoluzione della vita complessa.
“La vita antica lascia più che fossili; lascia echi chimici”, ha affermato il dottor Robert Hazen, autore senior dello studio. “Utilizzando l’apprendimento automatico, ora possiamo interpretare in modo affidabile questi echi per la prima volta.”
Questa nuova tecnica offre un potente strumento per l’astrobiologia, guidando la ricerca della vita su altri pianeti consentendo agli scienziati di rilevare deboli tracce di attività biologica in ambienti alieni. Il team prevede di testare il metodo su campioni di batteri fotosintetici anossigenici, che potrebbero assomigliare a forme di vita extraterrestri.
La capacità di interpretare i dati chimici degradati apre nuove entusiasmanti possibilità per comprendere la biosfera primordiale della Terra e il potenziale per la vita oltre il nostro pianeta.
